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Il Blog di Dragan Bosnjak

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Postilla » Impresa » Il Blog di Dragan Bosnjak » Management » Valutazione dei rischi per la sicurezza e PDCA

12 febbraio 2010

Valutazione dei rischi per la sicurezza e PDCA

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Come promesso nei commenti dell’ultimo post, torno sull’argomento di PDCA e lo faccio attraverso un esempio applicativo: Valutazione dei rischi per la sicurezza.

Prima di partire con l’esame del nostro esempio, vediamo quali sono le 8 fasi pratiche per definire il ciclo PDCA:

  1. Chiarire il problema
  2. Scomporre il problema in parti elementari
  3. Porre un obiettivo
  4. Analizzare la causa all’origine del problema
  5. Sviluppare le contromisure
  6. Applicare le contromisure
  7. Valutare sia i risultati delle contromisure che il processo conseguente
  8. Standardizzare il nuovo processo (se abbiamo avuto un miglioramento)

Le prime 5 fasi fanno parte della pianificazione (P) del ciclo PDCA, fase 6 è esecuzione (D), fase 7 è controllo (C) e la fase 8 è azione (A).

Chiarite le fasi, andiamo ad esaminare il nostro argomento: Valutazione dei rischi per la sicurezza.

Chiaramente, non posso farvi tutto il Documento di Valutazione dei Rischi in questo post, pertanto vi porto attraverso un esempio significativo della metodologia utilizzata.

Come prima cosa, come vediamo dall’elenco di sopra, bisogna chiarire il problema. Nel nostro caso, vi chiedo: a cosa serve la valutazione dei rischi?

  • Per adempiere a un obbligo di legge e quindi per essere a posto se arriva un ispezione? Sicuramente, ma non è questo lo scopo principale…
  • Perché vado dentro se succede qualcosa e io non ce l’ho? Sicuramente se succede qualcosa di brutto si può finire dentro, ma anche questo è un modo sbagliato di vedere il compito che abbiamo davanti…

La risposta giusta sarebbe: Perché non voglio che le persone si facciano del male… Ricordatevi sempre: prevenzione! Bisogna prevenire un problema e non aspettare che accada per muovervi… Fregatevi delle leggi, perché se fate in maniera giusta e corretta la prevenzione e formazione delle persone e seguite le buone pratiche, gli incidenti non capitano e non avrete problemi con la burocrazia e le leggi… Tenetelo in mente solo come promemoria…

Con la definizione chiara del problema passiamo alla seconda fase: scomposizione del problema in parti elementari. Cosa è questa scomposizione? Significa:

  • identificare il lavoro o mansione che stiamo esaminando
  • definire come viene fatto questo lavoro attraverso l’attenta osservazione sul campo
  • definire in base a questa osservazione una procedura standard, comprensiva degli eventuali punti dove la persona corre il rischio di infortunio
  • e così avanti per tutte le varie attività e lavori di una determinata mansione

Come vedete, questo è un’attività che porta via parecchio tempo (ricordatevi, tempo è denaro…) nell’esaminare tutto quello che una persona fa e come lo fa. Per questo motivo Ugo si lamenta (ocjo che sono due link… ;) ) delle valutazioni dei rischi fatte su carta – senza capire la situazione – da “consulenti” a basso prezzo, che sono inutili per una azienda in quanto soddisfano solo l’adempimento burocratico, ma non prevengono l’accadimento degli infortuni…

Terzo passo: porre un obiettivo. Infortuni zero! (notate il collegamento con il problema – non voglio che le persone si facciano del male…) Secondo voi è un obiettivo raggiungibile? Non immediatamente, ma a lungo andare ci si può arrivare molto vicini… Un buon obiettivo non deve essere facilmente raggiungibile, deve essere una visione, una sfida per la vostra azienda. Una strada sconosciuta da percorrere con l’impegno e contributo di tutte le persone presenti nella vostra organizzazione. Notate inoltre che in questa fase non vi dico come arrivarci, siamo ancora nella pianificazione, lo vedremo più tardi, un pò di pazienza… ;)

Quarta fase: Analisi delle cause all’origine del problema. Andiamo a vedere, man mano che esaminiamo e osserviamo le varie attività, quali sono stati gli infortuni (se ce ne sono stati) e incidenti accaduti in passato (che ci sono stati sicuramente; incidente=situazione potenzialmente pericolosa che poteva portare all’infortunio ma che per varie circostanze fortunate non è accaduto) o che potenzialmente potrebbero accadere. Non avete dati in mano? Succede quasi sempre… Andateli a creare… Io personalmente per esaminare una attività uso il modello FMEA – Failure Modes and Effects Analysis, Analisi delle Modalità e degli Effetti delle possibili Rotture nel sistema. Costruisco questa tabella in funzione del lavoro standard che ho fatto sopra, osservandolo. Poi per ogni possibile incidente/infortunio, vado a vedere perché è successo o perchè potrebbe succedere. E chiedo perché andando in profondità, con il famosissimo metodo delle 5 perché conosciuto nei circoli di qualità… Fino a trovare le cause all’origine dei problemi, che possono essere varie: dalla formazione delle persone insufficiente, alle posture strane per eseguire una operazione, al processo stesso per come è organizzato, alle modalità di utilizzo di macchinari, strumenti o accessori che, nonostante la “certificazione CE” (…) spesso non sono proprio adatti ad un uso in sicurezza… Ecc Ecc.

Trovate le cause all’origine, passiamo alla fase successiva: sviluppare le contromisure. Ricordatevi che siamo ancora nella fase di pianificazione del ciclo PDCA, quindi non dovete ancora fare niente, prima bisogna studiare bene il problema e, poi, dopo, l’applicazione sarà immediata e facile…

Come si fanno a sviluppare le contromisure? Abbiamo definito le cause all’origine degli infortuni/incidenti. Le contromisure sono immediate se le cause sono state definite bene… Non dovete pensare molto in questa fase, solo un pò di brainstorming per trovare i modi migliori per contrastare le cause individuate…

Finalmente arriviamo all’azione! La sesta fase è l’esecuzione delle contromisure. Divertimento allo stato puro! Proviamo tutto quello che abbiamo studiato prima. Facciamo formazione alle persone dove mancava, facciamo vedere le buone pratiche ecc ecc. Questo deve essere fatto non in aula, non ha tanto senso, va fatto sul luogo di lavoro insieme alle persone che fanno quel lavoro tutti i giorni. Anche qui rientra il discorso della polemica di Ugo sui prezzi bassi dei consulenti, in quanto le persone vanno formate non con una lezioncina di un’oretta in aula ma in varie giornate sul luogo di lavoro…

Man mano che eseguiamo, annotiamoci le eventuali falle nel nostro ragionamento nella pianificazione. Perché di falle ce ne sono sempre… Se tutte le cose vanno perfettamente come da ipotesi nel primo punto, siamo dei geni. E invece siamo umani e commettiamo errori. Ma questi errori non devono servire come l’opportunità di accusare le persone di essere incapaci, ma devono servire come opportunità di miglioramento per il sistema (la famosa pianificazione del miglioramento prevista nel decreto sulla sicurezza…).

Qui entriamo (già con la frase precedente per la verità) nel campo di controllo, ossia la settima fase del nostro ciclo: valutare sia i risultati ottenuti sia i processi. Risultati ottenuti vuol dire quanti infortuni/incidenti si sono verificati in confronto con l’obiettivo (ricordatevi l’obiettivo: infortuni zero!). I processi vuol dire il perché dell’accadimento di questi infortuni/incidenti. Cosa abbiamo sbagliato nel nostro processo? Cosa abbiamo eseguito diversamente da quanto pianificato? Cosa abbiamo eseguito come pianificato ma che ha portato comunque ad un incidente/infortunio? In questa fase dobbiamo interrogarci e capire. Sicuramente c’è stato un miglioramento rispetto a quando abbiamo iniziato, ma saremo altrettanto sicuramente ancora lontani dalla nostra visione. Ma va bene così, nei prossimi cicli ci avvicineremo sempre di più…

Il bello è che questa fase, quella della verifica e valutazione, insieme all’ultima fase di azione, sono le due fasi solitamente mai eseguite nelle aziende… Perché andare a vedere se abbiamo già fatto? E’ una perdita del tempo a detta di molti. E invece è proprio lì il segreto del miglioramento continuo, come spiegato nell’articolo precedente con il link all’inizio dell’articolo…

Chiudo questa piccola parentesi e torno all’ultima fase, quella dell’azione. Vuol dire finalmente scrivere lo standard accettato, ossia il documento di valutazione dei rischi… Ricordatevi però, questo standard è solo una misura temporanea in quanto si tratta di un’entità dinamica, in continua evoluzione.

Infatti, il ciclo non si chiamerebbe ciclo se non si ripetesse… Quindi, una volta scritto il nostro standard attuale, bisogna ripartire dal primo punto e ragionare da capo, cercare nuovi modi, nuove sfide, che ci porteranno verso la nostra visione, il nostro stato ideale, il nostro obiettivo: INFORTUNI ZERO!

Letture: 8895 | Commenti: 8 |
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8 Commenti a “Valutazione dei rischi per la sicurezza e PDCA”

  1. Valutazione dei rischi per la sicurezza e PDCA | Il Blog di Dragan … : Valutazione dei rischi da Stress Lavoro-correlato scrive:
    Scritto il 12-2-2010 alle ore 13:14

    […] Leggi il resto: Valutazione dei rischi per la sicurezza e PDCA | Il Blog di Dragan … […]

  2. studio eugenica scrive:
    Scritto il 15-2-2010 alle ore 15:22

    Messaggio dai consulenti:
    ringraziamo siceramente per indicazioni su FMEA e pdca. Per l’argomento costi richiesti al Cliente abbiamo qualche riflessione qui non esposta da cui si estrae un pensiero su tutti: ma il presente articolo è stato redatto in data attuale (anno 2010 o meglio anno 2009)
    Un saluto dai consulenti (tutti nessuno escluso pensiamo)

  3. Dragan Bosnjak scrive:
    Scritto il 15-2-2010 alle ore 15:32

    Cari consulenti di Studio Eugenica benvenuti nel mio blog!
    Non riesco a cogliere il collegamento tra costi e l’anno di redazione dell’articolo, comunque vi dico che l’articolo è stato redatto nei giorni precedenti alla pubblicazione, quindi 2010, ma la valutazione dei rischi fatta con FMEA l’ho fatta nel 2008…
    Le idee del PDCA invece hanno origini ben più lontane nel tempo, a partire da Deming e passare per le Toyota Business Practices rivelate negli anni 80…

  4. studio eugenica scrive:
    Scritto il 15-2-2010 alle ore 19:34

    Ing. Bosnjak,
    innanzi tutto la ringrazio per il servizio da Lei svolto. La relazione costi – attività del consulente è riferita al fatto che ‘buone consulenze’ in qesto periodo necessitano di rapportarsi con l’andamento della PMI con cui si cerca di portare avanti il discorso. Nessuna polemica le riporto la reltà dei fatti di un numero significativo di consuelnti.
    La saluto cordialmente Riccardo Solimani

  5. Dragan Bosnjak scrive:
    Scritto il 15-2-2010 alle ore 21:15

    Ma questo è chiaro, le PMI non sono in una situazione facile, ma ciò non toglie l’obbligo (almeno morale anche se è anche penale ma il penale spesso viene sottovalutato…) dei consulenti a fornire un servizio di qualità e non andando a fotocopiare le valutazioni dei rischi fatte in precedenza per qualche altro cliente.
    Poi sono i consulenti che dovrebbero crearsi secondo me le prassi lavorative che gli permettano di stare dentro i costi che propongono, andando a fare il PDCA sul loro ciclo di lavoro e sul loro processo di valutazione…

  6. studio eugenica scrive:
    Scritto il 16-2-2010 alle ore 12:27

    Ogni miglioramento ed evoluzione dell’attività negli anni è sicuramente la strada giusta quindi si continua a ringraziare sinceramente e umilmente le fonti che arrivano.
    La saluto Dragan Bosnjak

  7. Mauro A. Del Pup scrive:
    Scritto il 10-3-2010 alle ore 10:29

    Ho letto il post che trovo per me molto interessante ed utile per affrontare in modo pratico il PDCA.
    Recentemente ho pianificato alcune attività aziendali utilizzando proprio questo metodo e mi piacerebbe parlarne qui per capire se ho affrontato nel modo giusto i vari punti.
    In questo momento non riesco, ma tornerò presto.
    Un saluto.

  8. Dragan Bosnjak scrive:
    Scritto il 10-3-2010 alle ore 10:33

    Grazie Mauro, ti aspetto, anche via email, parliamone ;)

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